TARANTO COME SPECCHIO PER LA RIPRESA

FIDUCIA E RIPRESA COME PAROLE CHIAVE MA NECESSITA RIPARTRE DAL TERRITORIO

L’Italia prova a rimettersi in moto, mentre i dati sulla pandemia da Covid19 continuano a documentare ricoveri e morti, comunque in costante diminuzione. La crisi sanitaria e sociale non è affatto finita. Ma soffia un vento leggero che parla di minori rischi sanitari e di ripartenza economica. La campagna per vaccinare gli italiani prosegue e l’attenzione dell’opinione pubblica si va spostando su due parole chiave: fiducia e ripresa.

La Fiducia, innanzitutto, componente essenziale per qualunque ipotesi di crescita degli investimenti e dei consumi. L’Istat giovedì ha dichiarato che l’indice di fiducia dei consumatori, a maggio, è salito a quota 110,6, ai massimi dal gennaio 2020 (prima dell’era Covid, cioè) mentre quello delle imprese, in crescita oramai per il sesto mese consecutivo, è passato da 97,9 a 106,7 (bisogna tornare al 2017, per trovare un valore simile). La “pancia” del paese regge il colpo”, seppure con tanto, troppo sacrificio, notando che la società civile, dall’istituzione-famiglia al terzo settore, passando per le fabbriche, ha tenuto e ha saputo metabolizzare una parte consistente del disagio causato dalla pandemia. La società, insomma, ha fatto da ammortizzatore della crisi, ha sofferto e soffre ma non si è né piegata né spezzata, modificando tuttavia i suoi comportamenti. Molti italiani hanno utilizzato i risparmi accumulati e adesso ci si auspica, attraverso l’azione di Governo, la ripresa di una condizione psicologica positiva per poter ricominciare.

La seconda parola chiave è: Ripresa. Anche da questo punto di vista, parlano dati e previsioni. Il governatore di Bankitalia Ignazio Visco nelle Considerazioni Finali ha precisato ieri che “l’attività produttiva si sta rafforzando” e che nella media dell’anno l’espansione del PIL potrebbe superare il 4 per cento. Si prevede un “un sentiero stretto ma in risalita”, con un ruolo forte di spinta da parte dell’industria.

Carlo Cottarelli, presidente dell’Osservatorio sui conti pubblici, parlando domenica a “Mezz’ora in più”, prevede che “il Pil possa andare anche al 5%”, più di quanto non dicano il Fondo Monetario Internazionale e il governo. E Renato Brunetta, ministro della Pubblica Amministrazione, sostiene che “il rimbalzo, come tasso di crescita del Pil, sarà più vicino al 5% che al 4% previsto. E forse qualcosa più del 5%”. Insomma, tutto lascerebbe presagire una sensazione che siamo alla vigilia di un nuovo boom economico. “L’estate della ripresa”, titola ottimista “la Repub- blica” del 30 maggio scorso. Tutto a posto, dunque? Naturalmente no. Ci sono ancora aree economiche (i servizi, il turismo, il commercio) in difficoltà. Le carenze delle infrastrutture si fanno sentire. Due cantieri su tre sono fermi o lavorano a singhiozzo e 2,2 milioni di imprese faticano a rialzare la china, il 56% del Pil e il 70,4% dell’export nazionale. E si teme molto che il forte rincaro delle materie prima possa mettere in difficoltà la produzione industriale più in generale. Il sottile e fievole clima di ottimismo che si respira non va tradito. Il mercato immobiliare mostra valori e volumi in crescita, le università continuano ad essere predilette da 200mila studenti (parecchi, dall’estero) e si apprestano a ripartire le tradizionali attività di successo. Permane però una situazione paradossale, ciò che accade è che le aziende, la cui attività è in crescita, faticano a trovare i profili professionali più adatti. Come per esempio la Marchesini di Bologna che fatica a reperire figure professionali di normale profilo, a cui l’azienda offre e si rende disponibile perfino alla disponibilità di alloggi in unità immobiliare (fonte la Repubblica del 9 giugno 2021). L’industria meccanica è a caccia di competenze, fanno rilevare i massimi esperti e, all’industria mancano 110 mila profili professionali Stem (l’acronimo di science, technology, engineering e mathematics)” ma anche dotati di conoscenze umanistiche, per poter fare fronte ai bisogni dell’impresa digitale e alle applicazioni dell’Intelligenza Artificiale ai processi di produzione, distribuzione e consumo.

Ci sono imprese che, sotto gli effetti di una crisi che ha accelerato le trasformazioni in atto, dovranno ristrutturarsi e, soprattutto nel mondo delle aziende piccole e medie si temono chiusure, ridimensionamenti, perdite di posti di lavoro. Un caso emblematico è quello del nostro Territorio per via della madre delle vertenze, quella relativa alla ex ILVA che continua a tenere in scacco un’intera Comunità, dai cui risvolti dipendono le sorti di centinaia di migliaia tra lavoratori e cittadini. Per questo stiamo incalzando il Governo a fornire tutti i dettagli relativi al piano industriale dell’acciaio nel piano di transizione, qualunque sia la decisione che da qui a breve assumerà l’Organo massimo decisionale dello Stato in ambito di Giustizia. Ma il quadro visto nel suo insieme, a nostro giudizio, deve valutarsi in un contesto di riforme, dalle pensioni, agli ammortizzatori sociali, fino sostegno a chi perde provvisoriamente il lavoro, passan- do per formazione e riqualificazione professionale attraverso le giuste politiche attive in favore dei lavoratori. Ci auguriamo che di concerto con le Parti sociali, da qui a breve, attraverso il PNRR ci si orienti verso l’uscita dalla stagione peggiore di una crisi mai vista prima e, partendo da Taranto, con investimenti pubblici e innovazioni, per dare un impulso determinante che miri a ridurre i pesanti divari tra il nord e sud del Paese e che passi per il LAVORO, tralasciando il sussidio di una CIG protratta e mortificante.

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