DAL LAVORO DIPENDE IL FUTURO DELL’ ITALIA E DELL’EUROPA
La legge 20 maggio 1970, n. 300 – meglio conosciuta come statuto dei lavoratori – è una delle normative principali della Repubblica Italiana in tema di diritto del lavoro. Introdusse importanti e notevoli modifiche sia sul piano delle condizioni di lavoro che su quello dei rapporti fra i datori di lavoro e i lavoratori, con alcune disposizioni a tutela di questi ultimi e nel campo delle rappresentanze sindacali; ad oggi di fatto costituisce, a seguito di minori integrazioni e modifiche, l’ossatura e la base di molte previsioni ordinamentali in materia di diritto del lavoro in Italia.
Non tutti ricordano, però, che lo statuto dei lavoratori si applica solo alle aziende con più di 15 dipendenti. La maggioranza delle imprese del nostro paese ha meno di 15 dipendenti e, in quelle realtà, questa legge non è applicabile. La nostra Organizzazione ha cercato di supplire a questa carenza intervenendo con i sindacati territoriali e, soprattutto, offrendo ai lavoratori, ai cittadini e ai pensionati i nostri servizi. Su questo punto si sono sempre fatte delle battaglie ideologiche e, invece, bisognerebbe fare battaglie di buon senso. In questi ultimi anni, purtroppo, è prevalsa la logica iperliberista e la ricchezza si è accumulata nelle mani di pochi e non è stata redistribuita ovunque nel mondo.
Non si è saputo regolare la globalizzazione, e le multinazionali hanno fatto il bello e il cattivo tempo delocalizzando e sfruttando le risorse economiche nei paesi in cui sono intervenute spesso andandosene insalutati ospiti. Abbiamo sempre proposto che a quelle multinazionali che si comportano in questo modo scorretto occorrerebbe richiedere la restituzione del maltolto e cioè di tutti i vantaggi economici ottenuti. Solo colpendo le multinazionali nel portafoglio è possibile che adottino politiche diverse. Se non ridistribuissimo la ricchezza e proseguissimo nella politica dell’austerità ci sarebbero svantaggi per tutta l’economia.
Il nostro paese e gli stessi imprenditori rischierebbero di chiudere perché lavoratori e pensionati non avrebbero le risorse per comprare i loro servizi e i loro prodotti. Una nuova carta dei diritti può essere utile, però, bisognerà conoscere prima qual è la nuova realtà del lavoro che si realizzerà nel nostro paese. L’errore peggiore sarebbe quello di realizzare processi di informa- tizzazione, digitalizzazione e innovazione senza regole. Bisogna evitare il rischio che ci sia qualcuno dietro questo processi che decida per noi e il sindacato si deve battere per cambiare questo approccio e per poter intervenire per regolare le nuove attività lavorative.