SVOLTO VENERDI’ SCORSO L’INCONTRO CON LE OO.SS
Si è svolta Venerdì scorso la seconda riunione programmata dopo l’incontro del 22 dicembre 2020 a seguito dell’accordo commerciale tra la multinazionale e Invitalia, siglata il 10 dicembre 2020 che lo ricordiamo ha sancito un nuovo assetto societario attraverso l’ingresso dello Stato, con Invitalia nel capitale dell’azienda.
Presenti l’AD Morselli, i rappresentanti di Invitalia, ma assenti il Ministero dello Sviluppo Economico e Ministero del Lavoro, che per quanto ci riguarda non è stata condizione favorevole. E’ stata una riunione in cui prima di ogni cosa, come UILM, abbiamo rivendicato lo strumento dell’accordo del settembre del 2018 e tutte le garanzie in esso contenute, da quelle a tutela dell’ambiente a quelle occupazionali rinforzando l’assunto che è da quelle ragioni che bisogna partire.
Durante l’incontro, l’azienda ha esplicitato il suo piano industriale per un importo di 310 milioni di investimenti ed una produzione di acciaio dai circa 5 milioni di tonnellate di quest’anno, per poi salire gradualmente agli 8 milioni del 2025.
Di questi ultimi, 2,5 milioni si apprende proverranno da forno elettrico. La produzione sarà di 6 milioni di tonnellate nel 2022 – 2023 per poi salire nel 2024 a 7 milioni di tonnellate.
Durante l’illustrazione del piano industriale, Lucia Morselli, ad di ArcelorMittal Italia, ed Ernesto Somma, responsabile area Incentivi e Innovazione di Invitalia hanno reso noto anche l’affidamento degli ordini per il rifacimento dell’altoforno 5, il più grande d’Europa, e una ripresa del bacino delle spedizioni.
Come UILM siamo sempre più convinti che sia necessaria una modifica radicale dell’intesa raggiunta da AMI e Invitalia. I nostri dubbi erano fondati. L’accordo appare blindato e ci sono difficoltà a proseguire il confronto. Abbiamo registrato una netta chiusura a negoziare su temi che riteniamo prioritari.
È inaccettabile per la nostra organizzazione che un’intesa che stabilisce l’ingresso dello Stato attraverso Invitalia, preveda migliaia di lavoratori in cassa integrazione per i prossimi 5 anni e tempi troppo lunghi per la realizzazione del piano industriale.
Inoltre Invitalia e ArcelorMittal prevedono una fumosa garanzia occupazionale per i propri dipendenti entro il 2025 e dimenticano completamente l’impegno a riassumere i circa 1.700 di Ilva in AS, per i quali, per quanto riguarda la UILM, necessita egual diritto rispetto ai lavoratori sociali e per i quali il futuro deve essere centralizzato su legami lavorativi e non di assistenzialismo, che, se ingiustificatamente protratto, null’altro fa che avvelenare la dignità di uomo e di lavoratore, fino ad annullarla.
Oltre questi lavoratori, si aggiungano quelli dell’indotto per i quali non viene prevista nessuna forma di garanzia. È fondamentale il coinvolgimento diretto del Governo per poter avviare un confronto senza pregiudiziali in grado di assumere misure indispensabili per la gestione di un piano che garantisca la salvaguardia ambientale e la tutela occupazionale per tutti i lavoratori.
Il nostro profondo scetticismo, mai scordando che nel precedente piano industriale della multinazionale a giugno del 2020, che dette seguito alla mobilitazione dei lavoratori, si contavano ben 3200 esuberi e la svergognata costante del mancato assorbimento dei 1800 dipendenti rimasti temporaneamente in forza a Ilva in Amministrazione straordinaria.